L’investimento nella sanità digitale è arrivato a 2,2 miliardi di euro. Ma gran parte delle risorse del Pnrr deve ancora essere messa a terra. I dati del rapporto dell’Osservatorio Sanità Digitale Intelligenza artificiale, telemedicina, cartella clinica elettronica: gli investimenti italiani in sanità digitale crescono sempre di più. E crescono, di pari passo, l’interesse e la fiducia dei cittadini in questi strumenti.
Sono alcuni dei risultati di una ricerca condotta dall’Osservatorio Sanità Digitale della School of Management al Politecnico di Milano, recentemente presentati al convegno “Sanità digitale: trasformare il presente per un futuro sostenibile”. L’aumento della spesa, che nel 2023 è stata pari a 2,2, miliardi di euro,
il che corrisponde a una crescita del 22% rispetto all’anno precedente, è parzialmente dovuto all’impatto del Pnrr, che però, dicono gli esperti, “non si è ancora manifestato totalmente”, dal momento che “gran parte delle risorse deve ancora essere messa a terra”.
I numeri del rapporto
La ricerca, svolta in collaborazione con Fiaso Consulcesi Jomnya, Amd, Ame, Fadoi, Simfer, Mmg e Fimmg, descrive uno scenario in cui l’uso degli strumenti digitali si consolida e si fa sempre più significativo e raffinato. La cybersecurity si è confermata, come l’anno scorso, al primo posto tra le priorità per le aziende
sanitarie coinvolte nella ricerca; fondamentali anche la Cartella clinica elettronica (Cce) e i sistemi di integrazione con sistemi regionali e/o nazionali. Stabili, invece, i tassi di utilizzo della telemedicina: il 35% dei medici specialisti e il 43% dei medici di medicina generale affermano di aver utilizzato servizi di
telemedicina e il 33% e il 35% hanno fatto ricorso al servizio di telemonitoraggio. Nell’ultimo anno, inoltre, il 35% dei medici specialisti e il 48% dei medici di medicina generale hanno fatto accesso al Fascicolo sanitario elettronico (Fse), strumento considerato utile perché riduce il tempo necessario per reperire le
informazioni (per il 70% degli specialisti e il 65% dei medici di medicina generale) e semplifica la lettura dei documenti scambiati (70% degli specialisti e il 60% dei medici di medicina generale). Inoltre, fornisce informazioni critiche per la gestione del paziente in situazioni di emergenza (68% degli specialisti e 60% dei medici di medicina generale) e permette di prendere decisioni più personalizzate e basate sull’intera storia clinica del paziente (68% e 53%).
Più intelligenza artificiale per tutti
“Il nostro Paese è ormai entrato nel cuore dell’attuazione degli interventi previsti per la Sanità digitale nel Pnrr – racconta Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale – Il suo impatto sulla spesa per la Sanità digitale deve però ancora manifestarsi appieno: se per alcune azioni, come quelle
relative alla digitalizzazione delle strutture ospedaliere si è già avuta una forte accelerazione dei progetti, gran parte delle risorse deve ancora essere ‘messa a terra’. Il 63% delle strutture sanitarie, nonostante l’aumento nella spesa complessiva, vede ancora la disponibilità di risorse economiche come la barriera più significativa all’innovazione digitale. Tra gli altri ostacoli maggiormente percepiti troviamo anche quest’anno la limitata cultura per il digitale (43%) e la mancanza di competenze per l’utilizzo degli strumenti (40%), oltre all’integrazione dei nuovi strumenti con i sistemi informatici già presenti nelle strutture (41%)”.
“In linea con lo scorso anno, la cybersecurity si conferma l’ambito di innovazione con la priorità più alta per i decisori delle strutture sanitarie – afferma Paolo Locatelli, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale – anche in conseguenza dell’incremento di attacchi informatici subiti dalle aziende e dalle istituzioni sanitarie negli ultimi mesi. Si confermano fondamentali, inoltre, la Cartella clinica elettronica e i sistemi di integrazione con sistemi regionali e/o nazionali, coerentemente con gli obiettivi di digitalizzazione degli
ospedali – abilitati anche degli accordi quadro gestiti da Consip – e di integrazione – definiti dal Pnrr. Per la Cartella clinica elettronica, che ancora oggi nel 35% degli ospedali non è una soluzione diffusa in tutti i reparti, emerge una tendenza significativa all’adozione di soluzioni fornite a livello regionale o sovra-
aziendale: più della metà delle aziende sanitarie che intendono introdurla nel corso del 2024 seguirà questa strada”.
I cittadini stanno imparando
Secondo gli esperti, sono quattro le aree di competenze che il cittadino-paziente dovrebbe sviluppare per utilizzare in modo efficace gli strumenti di Sanità digitale: Digital Literacy, ossia competenze tecniche relative alle funzionalità degli strumenti digitali utilizzati (es. utilizzare lo smartphone, le app di
messaggistica, ecc.); Digital Soft Skills, ossia capacità necessarie per comunicare e condividere informazioni efficacemente attraverso canali digitali; Health Literacy, abilità necessarie per ricercare, elaborare e comprendere informazioni basilari per prendere decisioni informate sulla propria salute; eHealth Skills,
competenze per utilizzare in modo autonomo e consapevole le tecnologie digitali nella gestione della salute personale. Il 64% dei medici specialisti e il 67% dei medici di medicina generale e degli infermieri ritengono che per i propri assistiti sia prioritario lo sviluppo della Health Literacy, seguita dall’area delle Digital Soft
Skills (circa il 60% dei professionisti). Anche gli stessi cittadini identificano queste come le aree più critiche, per le quali dichiarano ad oggi le lacune più significative.
“Nonostante i gap formativi da colmare, gli italiani sottolineano la volontà di utilizzare sempre di più il digitale come canale preferito per accedere ai servizi sanitari (72%) – afferma Emanuele Lettieri, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale – Insieme al canale online, primeggia anche la
farmacia (72%), seguita da altri luoghi vicini al domicilio (es. uffici postali, banche, ecc.) (48%). Avere a disposizione in modo sempre più ricco e completo l’accesso ai servizi sanitari direttamente ‘a casa propria’ o vicino a essa è una condizione ritenuta sempre più essenziale dai cittadini italiani. È auspicabile che
proprio questa spinta, unita a una crescente consapevolezza della improrogabile necessità di andare verso una sanità economicamente e socialmente sostenibile, possa portare il nostro Paese verso un’adozione più decisa e coerente di un modello di Sanità connessa”.